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Intervista di Patrizia Vianello a Toscana 24

Green economy: ecco cosa frena lo sviluppo

È indubbio che il cosiddetto settore green dell’economia sia una delle aree di mercato che, in questi anni di crisi strutturale dell’economia italiana ed europea, meno soffre in termini di cali di ordinazioni, di produzione, di occupati. Ne consegue un trend in totale controtendenza rispetto ad un mercato in cui invece produzioni storiche e consolidate hanno finito, per effetti diversi, non ultime le questioni ambientali, con l’andare a totale maturazione. Produzioni e servizi “verdi”, favoriti da una sensibilità sociale in evoluzione rispetto ai temi della difesa dell’ambiente e della protezione della salute, hanno sempre più ampliato la loro sfera di consumo ed utilizzo, creando spesso condizioni di concorrenza, competitività e talvolta anche di rivincita, con materiali e prodotti anche di recente entrata nel mercato..
È il caso dei prodotti biologici nel campo agroalimentare, nei confronti di coltivazioni in cui l’utilizzo di sostanze chimiche viene guardata con sempre più sospetto o ancora, del caso dell’abbigliamento, dove i tessuti “naturali” vincono il confronto con i moderni ed innovativi sintetici. Tutti contesti propri di ambiti di consumatori ancora molto elitari e selezionati ma comunque tendenzialmente in crescita.
E anche nel campo dell’abitazione, le nuove sensibilità di utilizzatori “consapevoli” stimolano la produzione di nuovi materiali e nuove tecnologie impiantistiche, a tutela della salute oltre che dei bilanci familiari, che vanno ad incrementare mercati ormai sempre più in fermento di ricerca ed innovazione. La stessa domotica, con il suo favorire risparmio di energia e consumi, si inserisce a tutta ragione nella grande sfera dell’economia verde. Non resta incontaminato neppure il settore turistico, in cui molti operatori sul brand del sano, salutare, naturale, sostenibile, stanno costruendo gli asset dei loro progetti di sviluppo.
Non marginali infine neppure le necessità “ecocompatibili” del mondo industriale che, sia per forza di legge ma ormai, e sempre più spesso, anche in ragione di una cultura e di una sensibilità ambientale diffuse e propagate anche al di là di sanzioni ed obblighi legislativi, ricerca materie prime non impattanti, tecnologie pulite, servizi ambientali di supporto alle tecnologie produttive e di consulenza alle direzioni aziendali. Investimenti significativi in campo ambientale e bilanci di sostenibilità ad evidenza pubblica, testimoniano in questo senso l’evoluzione che anche la cultura industriale ha maturato in questi anni ed il suo importante contributo alla crescita dei mercati della sostenibilità.
Molti dunque gli ambiti di mercato che vanno ad aumentare la domanda di materiali, tecnologie, servizi a matrice verde. Ne consegue una nuova economia, costituita da imprese talvolta completamente nuove al mercato, talvolta diversificate e rigenerate da precedenti produzioni ad opera di imprenditori che hanno percepito per tempo le nuove tendenze ed i nuovi bisogni di un mercato sempre più dinamico ed evolutivo. Molte d’altronde anche le imprese che, o per incapacità imprenditoriale o per oggettiva impossibilità a diversificarsi in nuove attività e produzioni ecosostenibili, hanno dovuto uscire dal mercato e terminare i loro cicli di vita.
Tuttavia, seppur la nuova economia verde goda la fortuna di condizioni positive e migliori rispetto a molte tipologie di impresa dell’economia tradizionale, resta il fatto che operare in un’economia in forte crisi, in stagnazione di investimenti e consumi, rimane un’avventura imprenditoriale di non facile gestione. Se da una parte infatti la domanda dei nuovi prodotti cresce e si diversifica sul fronte ambientale, dall’altra tuttavia le cattive condizioni generali creano contesti meno favorevoli di quanto potrebbe essere in un’economia florida.
Prezzi bassi e difficoltà di incassi pesano e comprimono anche i settori più innovativi, le cui produzioni potrebbero vedere sviluppi molto più interessanti. La mancanza di investimenti ed il calo dei consumi limitano la domanda e la stretta del credito non favorisce lo sviluppo di nuove attività anche se finalizzate ai nuovi mercati del green.
Le nuove politiche governative peraltro, al di là dei rituali provvedimenti ed incentivi sui temi del risparmio energetico, non sembrano ancora sensibili alla necessità di stimolare ed incentivare le nuove produzioni “verdi” su cui soprattutto i giovani imprenditori potrebbero trovare motivo di nuove stimolanti avventure.
Anche per l’impresa verde, non rimane dunque che continuare tenacemente a contare esclusivamente sulle propria creatività e capacità, professionale, finanziaria ed imprenditoriali, magari puntando con più energia e convinzione sulla specializzazione spinta e la qualità del prodotto, del servizio, della prestazione professionale, uniche vere garanzie e fondamentali punti di forza per vincere la sfida anche dei nuovi mercati
In conclusione, verde si…..ma non solo!
13 Maggio 2015